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L.E.I.: Buone pratiche per il potenziamento delle capacità delle donne detenute

Claudia Ducange
Cinzia Canali

L.E.I. (Lavoro.Emancipazione.Inclusione) è un progetto promosso e sostenuto da Fondazione Compagnia di San Paolo in collaborazione con la Casa Circondariale Lorusso e Cutugno di Torino, Ufficio Pio, l’Associazione Essereumani, le cooperative sociali Extraliberi, Impatto Zero e Patchanka, la Fondazione Casa di Carità Arti e Mestieri, il Museo del Risparmio e PerMicro spa di Torino e Fondazione Emanuela Zancan. Si rivolge alle donne detenute per migliorarne le condizioni di vita offrendo loro opportunità sia dentro il carcere che all’esterno per un reinserimento socio-lavorativo. Nasce da una sfida: mettere insieme le competenze, le esperienze, nel rispetto dei ruoli e dei mandati istituzionali per offrire alle donne un percorso in cui dare significato al presente della detenzione e dare gambe ad una progettualità di vita per il futuro.

Al lavoro di accompagnamento della donna nel suo percorso progettuale un ruolo centrale è assunto dalla cabina di regia, luogo in cui il carcere (area trattamentale e sicurezza) e tutti i partner del progetto discutono dei percorsi realizzati dalle donne, dei loro risultati e delle criticità emerse.

Questo comporta una “personalizzazione” del percorso per contestualizzare le singole osservazioni, puntando ad esiti considerati nella globalità della condizione personale. In sostanza, LEI costruisce percorsi personalizzati di riflessione e approfondimento, che non sono una semplice somma di azioni ma una gestione unitaria dei bisogni e delle capacità delle donne per potenziarle ulteriormente e consentire loro di maneggiare strumenti nel futuro. Il modello di presa in carico sviluppato e implementato nel progetto si struttura intorno a due ambiti di approfondimento specifici: percorsi di bilancio di competenze e sessioni di valutazione periodica dei progressi acquisiti.

Nel percorso progettuale della donna coinvolta nel progetto LEI diventa essenziale dedicare tempo e spazio per scoprire e/o riscoprire i propri talenti e le proprie caratteristiche personali. L’autostima e il talento sono elementi che risultano poco rappresentati nei racconti che le donne fanno di loro stesse, in quanto le loro storie sono per lo più rappresentate da situazioni di subalternità e di mancanza di occasioni di autodeterminazione. Molto importante è offrire alle donne uno spazio per riflettere e analizzare le proprie competenze e per misurarsi con i propri successi e i propri limiti, partendo proprio dal valore che i percorsi che stanno seguendo offrono al loro progetto di vita. Per ciascuna donna viene elaborato un bilancio di competenze aggiornato periodicamente in cabina di regia sulla base dell’andamento del percorso realizzato. In parallelo a questo lavoro di riflessione e approfondimento, gli operatori del progetto monitorano il percorso realizzato dalle donne cogliendo i cambiamenti, anche piccoli, che però indicano un miglioramento delle competenze professionali e relazionali. La condivisione delle osservazioni in incontri di valutazione congiunti, con cadenza quadrimestrale, a cui partecipano i diversi operatori del progetto e l’amministrazione penitenziaria, sia come area trattamentale che come area sicurezza, consente di avere un quadro globale di ogni singola situazione. I risultati acquisiti sono oggetto di approfondimento e diventano strumento da un lato per leggere i progressi evidenziati nelle donne e analizzare gli spazi di criticità e di miglioramento, dall’altro lato per individuare possibili strategie per fronteggiare e superare gli ostacoli.

I risultati conseguiti dal progetto L.E.I., ormai giunto alla sua quarta annualità, evidenziano i cambiamenti e progressi registrati per le donne coinvolte, e la costruzione di numerose opportunità di percorsi di reinserimento socio-lavorativo. Il riconoscimento e la valorizzazione della capacità delle donne detenute, inoltre, pongono le premesse per un impiego delle loro capacità e competenze anche a vantaggio delle altre detenute, del contesto penitenziario e della “comunità” più in generale, in un’ottica di welfare generativo.